La punta dell'iceberg, le plastiche nei mari

Quando vediamo le foto di enormi distese di plastica galleggiante in mare o negli oceani, oppure riversarsi sulle spiagge capiamo che il problema è grave ma purtroppo è solo la punta dell'iceberg.

Il 70% della plastica in mare si adagia sui fondali e la maggior parte di quella galleggiante si è già fotodegradata, ovvero sciolta al sole trasformandosi in piccoli frammenti che assomigliano al zooplancton che è la base della catena alimentare marina.

Negli ultimi 10 anni la catastrofe è aumentata in modo esponenziale basti pensare che l'abbandono delle sole bottiglie di plastica è aumentata del 67%, e si stima che il 10% di tutta la plastica attualmente prodotta finisca in mare.

Da un recente studio del WWF nel Mar Mediterraneo che copre solo l'1% delle superfici marine del nostro pianeta si concentra il 7% della microplastica globale I maggiori responsabili (80%) di questo inquinamento sono i fiumi che attraversano aree densamente popolate immettendo nel Mediterraneo concentrazioni 4 volte superiori a quelle registrate nelle isole di plastica del Pacifico.

Eva Alessi, biologa e Responsabile Consumi sostenibili e Risorse Naturali di WWF Italia: "Le microplastiche, entrando nella catena alimentare, minacciano un numero ancora maggiore di specie animali e mettono a rischio anche la salute umana. Inoltre la plastica galleggiante è una vera e propria spugna che assorbe i contaminanti marini, come pesticidi e ftalati, che poi rilascia nello stomaco degli organismi che la ingeriscono. Il 78% di questi contaminanti è tossico, persistente e si accumula nei tessuti animali".